Qualche tempo fa, Matteo Renzi ventilò l’ipotesi di uno sforamento della soglia del 3% nel rapporto deficit/PIL, per consentire alla nostra economia una maggiore libertà di manovra rispetto alle maglie dell’austerity.
Gli oppositori, da destra come da sinistra, lo accusarono immediatamente di slealtà e di irresponsabilità, di farci fare, in buona sostanza, la figura dei soliti italiani che non mantengono le promesse (nella storia recente, soltanto tedeschi e greci non hanno rispettato i loro impegni con i creditori), recuperando quella mitologia tutta nazionale, truffaldina ed infame, che dal 1915 porta al 1943.
Oggi, quegli stessi censori esaltano Tsipras, debitore insolvente, per la sua scelta di indire un referendum popolare sulle misure economiche chieste ad Atene dall’Europa. Non è difficile immaginare come reagirebbero se anche il capo del nostro governo prendesse una simile decisione; al rinnovo delle accuse di fellonia “etnica”, si aggiungerebbero quelle di spreco, per la consultazione elettorale.