
La nuova propaganda e il nuovo “soft power” (o il “soft coercion”) del Kremlino non si basano solo sulle “troll farm” (si pensi all’IRA), sui grandi network televisivi (si pensi a RT) e sulle agenzie stampa a diffusione planetaria (si pensi a Sputnik e Russia Beyond) ma anche sui think-tank; si pensi alla Kharkov News Agency, a New Eastern Outlook, al pittoresco South Front e, soprattutto, alla Strategic Culture Foundation.
Ma perché la Strategic Culture Foundation è così importante?
Lo è perché si presenta come autorevole e professionale e, soprattutto perché conta sulla collaborazione di diplomatici, studiosi e accademici occidentali. Fin qui non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che è stata bandita da Facebook, You Tube e Twitter con l’accusa di essere uno istrumento dei servizi segreti russi e di avere cercato di interferire nelle presidenziali americane.
Vediamo quindi come anche personaggi autorevoli, o in ogni caso forti di CV di indubbio peso e prestigio, possano diventare strumenti (involontari?) di Putin e dei suoi “cavalli di troia”.