L’URSS che perse la Seconda Guerra Mondiale nel 1991: il “filo rosso” tra i problemi di ieri e quelli di oggi

Alla fine degli anni ’90 Hans Modrow osservò che “l’Unione Sovietica fu l’unica tra le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale ad aver perso la guerra per così dire a posteriori”. Con una una buona dose di realismo, l’ultimo leader “di fatto” della Germania Est non si riferiva tanto allo sfaldamento dell’URSS quanto alla “cessione”, da parte di Mosca, delle sue sfere di influenza all’Occidente pressoché senza alcuna contropartita tangibile.

Uno scenario che, a ben vedere, non sarebbe stato inevitabile ma che fu soprattutto il risultato di una certa mancanza di pragmatismo e lucidità di Michail Gorbačëv (la cui leadership restò, non va dimenticato, abbastanza solida fino al 1990).

Come spesso ricordato anche da Vladimir Putin, molti dei problemi odierni derivano proprio da quello “squilibrio” improvviso, da quel “disallineamento” (comunque traumatico) nello scacchiere geopolitico, e non solo geopolitico.

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