
Se il dialogo e la diplomazia sono e devono rimanere gli strumenti più importanti per risolvere la crisi ucraino-russa ed evitare imprevedibili escalation, l’invio di armi (leggere e difensive) a Kiev è tuttavia una scelta fondamentale e irrinunciabile, sul piano morale come sul piano strategico (indebolire la posizione di Putin a livello negoziale e creare una resistenza che lo scoraggi dal compiere altre aggressioni in futuro).
Ci sono quindi tre ipotesi che possono spiegare l’approccio dell”ANPI:
1) l’associazione ha virato su un pacifismo utopistico, in contrasto con la propria natura ontologica (è un’organizzazione fondata da partigiani combattenti) e la propria storia (più volte ANPI ha sostenuto e appoggiato la resistenza armata dei popoli contro gli invasori esterni e gli oppressori interni)
2) l’associazione è ossificata al vecchio pregiudizio anti-atlantico novecentesco e ad un’immagine novecentesca della Russia (i passaggi sulla condanna dell’espansionismo, comunque discusso e discutibile, della NATO ad Est, potrebbero confermare quest’ultima ipotesi)
3)l’associazione condivide il pregiudizio, diffusissimo tra una certa sinistra, dell’Ucraina post-Maidan come Paese sostanzialmente “fascista” (nei suoi comunicati sono stati fatti riferimenti anche al Battaglione Azov, a Svoboda e al Fronte Destro)
E se ad invadere fossero stati gli USA?
Nota: Putin non ha allertato le forze nucleari, come invece sostenuto dal Presidente nazionale ANPI