
Facebook ha deciso di intervenire nella questione del tweet di Roberto Burioni (risalente al 2018 e tornato virale negli ultimi giorni ) sulle vaccinazioni durante una fase epidemica, avvisando che le dichiarazioni del medico marchigiano sarebbero state riprese senza tener conto del contesto dell’epoca e dunque in un modo che potrebbe “fuorviare le persone”. Sempre Facebook fa sapere che la valutazione è stata compiuta da “fact-checker indipendenti di Open” , pertanto il social ha deciso di inserire un banner che metta in guardia gli utenti (“contesto mancante”).
Una questione complessa, su cui è necessario fare alcune valutazioni e precisazioni:
PREMESSA:
Chi stabilisce l’indpendenza e la terzietà di Open? (la biografia del suo fondatore suggerirebbe tutt’altro) In base a quali criteri? Si rischia, è bene fare attenzione, di entrare in un ambito delicatissimo, nella speculazione più ardua, in distinzioni tra “vero” e “reale”, per intenderci, forse troppo grandi sia per Burioni che per i giornalisti di Open. Ancora: in base a quali criteri Facebook ha stabilito che lo staff di Open ha i numeri per fare un autentico ed efficace fact-checking?
Detto questo, il giornale spiega che: “L’intervento di Roberto Burioni non sostiene affatto la teoria del «non si vaccina durante un’epidemia». Coloro che diffondono il tweet, mettendolo in dubbio, non tengono conto del contesto dell’epoca relativo a malattie conosciute per le quali abbiamo i vaccini. Nel contesto attuale, la “cintura di sicurezza” contro la Covid-19 è stata scoperta dopo l’esplodere dell’epidemia in Cina e della pandemia nel mondo, non utilizzarla equivale a tentare il suicidio.”
Veniamo allora a fare chiarezza su alcuni punti:
Se è vero che è preferibile vaccinare prima che un’epidemia/pandemia scoppi, che prevenire è sempre meglio che curare, è tuttavia sbagliato sostenere che “l’idea di utilizzare un vaccino quando c’è un’epidemia è tanto brillante quanto quella da allacciarsi le cinture di sicurezza quando si ha un incidente”. Molte epidemie sono state infatti bloccate sul nascere o quasi proprio da una tempestiva campagna vaccinale, sia che la malattia fosse ancora poco conosciuta (si pensi all’Asiatica), sia che fosse già abbondantemente nota (si pensi, tra i moltissimi esempi a riguardo, all’epiemia di vaiolo in Jugoslavia nel 1972 oppure a quella colera a Napoli nel 1973).
Una comunicazione dilettanesca ed opaca, quella di Burioni, il primo ad aver abbandonao il focus del confronto. Un caso di mis-informazione che rischia di gettare ombre sui vaccini mettendone in dubbio l’efficacia e di prestare il fianco a facilissimi fraintendimenti (come infatti è accaduto). Un errore perdonabile ad un “profano” ma non ad un professionista della scienza e della Medicina. Un errore che ribadisce l’esigenza, per certe figure, di affidarsi alla mediazione di esperti di pubbliche reazioni e comunicazione.
Desta infine qualche perplessità che un social rivendichi la pretesa di assumere un ruolo pedagogico e didascalico, attraverso il contributo di un giornale online, sentenziando e stabilendo d’impèrio ciò che è fuori contesto e sviante e ciò che non lo è.