Nella Grecia classica, la parola “diabolè” indicava la calunnia, il pettegolezzo malevolo, per mettere in cattiva luce e delegittimare l’avversario. Un’operazione di “character assassinnation”, la “macchina del fango”, così diremo oggi, basata, di nuovo come oggi, sulla “semplificazione” e la “ripetizione” per arrivare alla “proiezione” o “analogia” (associare il bersaglio ad un’immagine negativa e respingente).
Al fine di riuscirce nell’intento, il propagandista/mittente si serviva e si serve spesso della paura e dell’ansia colletive, che stimola: “Oggi, per vivere, il potere neoliberale ha bisogno di incutere risentimento, rabbia, odio e, per conseguenza, seminare paura, mostrare che la maggioranza dei buoni non è del tutto al riparo dal pericolo: se tuti sono favrevoli, il terroe perde ragione d’essere. Laddove l’Autortà non dipsonga di un coro maggioritario, sfrutterà la paura e a rabbia che covano nella società per dirottarle, in modo accelerato, dalle vere cause del malessere verso bersagli più vulnerabili. Libererà le forze della mobilitazione popolare in modo autodistruttivo – contro i suoi stessi interessi – per danneggiarla il più possibile, per spingere a un’intelligenza depressa degli individui e delle collettività politiche: odio e attacchi reciproci, deterioramento delle relazioni sociali, restringimento in se stessi in una quarantena dello spirito, desolidarizzazione, impossibilità di reale dialogo e confronto, rabbia indiscriminata e generalizzata, mutua diffidenza, di cui la dimostrazione quotidiana evidente è la TV, il telegiornalismo di Stato, talk show e social network.” (G. Magi)
Una propaganda “agitativa”, come abbiamo visto, che può arrivare anche a sfaldare la coesione sociale seminando la divisione, dilatando il sospetto, mettendo i cittadini gli uni contro gli altri.