Perché Alessandro Barbero non ha tutti i torti (e perché, forse, c’è dell’altro)

Quando una comunità si trova e resta in una situazione di disagio e svantaggio, benché abbia in linea teorica i numeri e le potenzialità per ribaltarla, non è sempre e solo “colpa” di elementi esterni, di chi, esterno, trae da essa vantaggi e benefici.

A dispetto di una certa narrazione occidentale figlia del rimorso, ad esempio, il dramma del Terzo e del Quarto Mondo non è riconducibile soltanto allo sfruttamento coloniale e a quello neo-coloniale ma pure a debolezze e a problematiche e peculiarità intrinseche di quei paesi. Allo stesso modo molti popoli che, oggi come in passato, non riescono e non sono riusciti a liberarsi e ad emanciparsi da una dominazione straniera, pagano anche divisioni e spaccature interne, errori interni di diversa origine e natura (emblematico, a riguardo, il caso italiano pre-ottocentesco).

Per questo, nonostante le difficoltà di misurarsi con il politicamente corretto, il Prof. Alessandro Barbero non ha avuto tutti i torti e d’altro canto, da storico, ha parlato con cognizione di causa. Non sempre, in buona sostanza, la “vittima” è tale né il suo status (di vittima) la rende immune dallo sbaglio, al di sopra della critica.

Sarebbe comunque utile e interessante sapere se dietro la manipolazione e la strumentalizzazione delle sue parole (non ha mai detto che le donne sarebbero “insicure” e “poco spavalde”) vi siano soltanto una lettura frettolosa e/o il voler fare del sensazionalismo per vendere qualche copia in più, oppure se non si tratti di una “trappola” per delegittimarlo e togliergli credibilità dopo le dichiarazioni sul Green Pass. Di una “trappola” o di un “avvertimento”. E’ infatti innegabile che tutti coloro i quali si sono schierati contro la linea ufficialista e dominante sul Covid, o ne hanno criticato alcuni aspetti, abbiano subito campagne delegittimatorie. Come diceva Herman Melville, “la vera conoscenza deriva soltanto o da un sospetto o da una rivelazione”.

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