Ranieri Guerra, il Covid e la Spagnola: l’ennesimo pasticcio di una scienza che non sa comunicare

ranieri guerra2“Il paragone purtroppo va fatto con la Spagnola, che ebbe lo stesso andamento del Covid. Andò giù d’estate per riprendere ferocemente a settembre-ottobre e uccise 50 milioni di persone nella seconda ondata.”

Così l’epidemiologo Ranieri Guerra, in un’intervista rilasciata oggi.

Esprimendo la quasi certezza di una seconda ondata autunnale, Guerra usa come esempio una malattia diversa, che agì in un contesto completamente diverso. Ma perché ricorrere alla più spaventosa pandemia di cui l’uomo abbia memoria (secondo alcuni storici il bilancio della Spagnola fu di 100 milioni di vittime) e, soprattutto, perché menzionare i 50 milioni di morti della seconda ondata di un secolo fa, riferendosi al rischio di un ritorno del Covid-19?

Perché un frame così catastrofistico e choccante, perché un impasto retorico e semantico di una tale dirompenza immaginifica ed evocativa?

Guerra non è un professionista della comunicazione (anche in passato è stato al centro di qualche polemica) e questa potrebbe essere la risposa. Allora si tornerebbe al problema della mancanza di una mediazione, da parte di professionisti del settore, per quel che concerne le uscite pubbliche di medici e scienziati. Oppure c’è altro, e allora torneremmo al quesito che rimbalza dai Romani a Lenin: cui prodest? A chi giova? Chi parla per chi?

Ci sono o ci fanno, volendo scivolare (ma fino ad un certo punto) nel faceto?

Sta rimbalzando oggi sui social la foto di un attivista che brandisce un cartello con su scritto “NO ALLA SCIENZA” e la cosa ci spinge ad una seconda riflessione. L’emergenza Coronavirus aveva offerto alla scienza e ai suoi sostenitori un’occasione ideale per infliggere un colpo, forse decisivo, al movimento d’opinione anti-scientifico e ad un certo “complottismo”, per usare un’espressione oggi in voga.

Un’occasione che purtroppo, almeno in Italia, rischia oggi di sfumare.

Episodi come questo, il teatrino di contraddizioni, cambi di fronte, errori, ripensamenti, incoerenze, contrasti e protagonismi che ha visto coinvolti virologi, immunologi, epidemiologi, statistici, ecc, amplificato e aggravato da un sistema mediatico più attento a fare sensazione che informazione, ha infatti arrecato un danno enorme alla scienza e ai suoi operatori, screditandoli agli occhi di un’opinione pubblica giù duramente provata dal virus e dalle sue ricadute economiche e sociali.

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