Secondo un’indagine sulle “fake news” e il loro impatto svolta da Demos nel dicembre 2017 (“Gli Italiani, Internet e le Fake news”, questo il titolo della ricerca), i più vulnerabili alle “bufale” erano e sono i giovani (soggetti da 25 anni ai 34 anni) e i più scolarizzati (soggetti in possesso di un diploma o di una laurea).
Simile anche il dato relativo agli elettorati, con un 33% di simpatizzanti del PD che affermava di aver creduto a una notizia falsa contro il 37% dei simpatizzanti della Lega. Un po’ più alto, restando ai tre grandi partiti, il dato sul M5S (52%), mentre maschi e femmine dimostravano di essere caduti nella trappola delle “fake news” in egual misura (40% e 40% degli intervistati).
Con il rigorismo della testimonianza empirica, lo studio di Demos contribuisce a smentire la mitologia che vuole un certo segmento immune alle suggestioni dell’emotività e del coinvolgimento ideologico; camere d’eco, bias, fallacie logiche, conoscenza biografica, ecc, agiscono, in buona sostanza, anche tra persone di sinistra, giovani e istruite (almeno sulla carta), allorquando funzionali a puntellare, confermare e rafforzare convinzioni pregresse.
Emblematico, a riguardo, il fatto che anche testate impegnate nel debunking abbiano accolto e diffuso, senza riserve e senza un approfondito esame di verifica, lo scoop sugli insulti alla madre nigeriana al pronto soccorso dell’ospedale di Sondrio (la notizia aveva una sola fonte, una testata locale, ed è oggi al vaglio deli inquirenti). Come del resto insegnava Machiavelli, “sono tanto semplici gli uomini e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare.”