Generici ma in linea di massima condivisibili, i punti programmatici delle Sardine tradiscono tuttavia anche una certa ingenuità “analogica”. Benché frutto di un comprensibile rigetto per la bulimia newmediatica di personaggi come Salvini, l’idea che un politico e una figura istituzionale debbano comunicare solo attraverso i canali istituzionali, tralasciando i social, è anacronistica, irrazionale e inattuabile, un voler gettare l’acqua con il bambino (abbastanza ambiguo anche il “Pretendiamo che il mondo dell’informazione traduca tutto questo nostro sforzo in messaggi fedeli ai fatti”)
Una nota positiva, per certi versi di importanza storica, arriva invece dalla presenza dell’Inno di Mameli nelle loro piazze. Ciò interviene a rompere una tradizione, velatamente anti-nazionale, della sinistra movimentista (e non solo movimentista), che in nome di una lettura arbitraria dell’internazionalismo marxiano e del tabù del Ventennio ha sempre associato il patriottismo e l’identitarismo al Fascismo.