La vittoria di Filippo Nogarin nel 2014 maturò in circostanze del tutto singolari, anticipando le dinamiche che avrebbero portato alla caduta di Matteo Renzi due anni più tardi. In un territorio storicamente “rosso”, il candidato grillino si impose infatti contro un centro-sinistra diviso ma dopo aver preso la metà dei voti del rivale democratico al primo turno; al secondo si venne tuttavia a creare un blocco tripolare, un’alleanza a tre, di per sé inedita, atipica e innaturale, tra M5S, centro-destra e il resto della sinistra, preludio su scala ridotta dell’ “accozzaglia” che avrebbe mandato a casa Renzi nel 2016 e che in quell’occasione consegnò Livorno al M5S (gli “alleati” presenteranno poi il conto, ritardando la formazione della giunta).
Una vittoria-non vittoria, quindi, anomala per vincitore sprovvisto di una forza reale. Un “vulnus”* che oggi il M5S labronico e la sua candidata hanno pagato e comune a molti sindaci pentastellati e di centro-destra (a Torino, a Cascina, a Massa, ecc) a rischio di un destino analogo perché in sella grazie a congiunture analoghe nella loro eccezionalità.
*Il M5S labronico è stato vittima anche d altri fattori, come il malcontento perla sua gestione e l’alleanza con la Lega
Senza contare che, dopo averlo misurato, si son ben guardati dal rivotarlo. Ricordo bene i paroloni che aveva usato alla sua elezione contro l’amministrazione rossa. Ora rossa è la sua faccia. Speriamo che la tua analisi per Torino sia vera