A partire dalla sua concezione, la sinistra renziana si è appropriata, a scopo propagandistico, di quella diffusa mitologia del perdente riferita alle leadership di Via Sant’Andrea delle Fratte anteriori al dicembre 2013. Tale lettura (non di rado incapsulata in un abito retorico vacuamente canzonatorio) che vuole le vecchie dirigenze progressiste sempre sconfitte e strategicamente inadeguate, è da respingersi come superficiale ed immatura, in quanto basata solo ed esclusivamente su una panoramica di tipo materialistico (monca e frettolosa) del dato elettorale e sulla colpe, reali o o presunte, del centro sinistra dal 1993 al 2013.
Una ricognizione più approfondita sui 20 anni della parabola berlusconiana dimostrerà infatti come il centro-sinistra sia riuscito a portare a casa 3 risultati utili su 6 alle politiche (Renzi non si è ancora misurato in nessuna competizione di questo genere) in un Paese tradizionalmente conservatore e nonostante un avversario forte di un potere mediatico ed economico eccezionale, senza riscontro in nessuna realtà democratica come semi-democratica.
Nel caso di Occhetto, in particolare, fatto assurgere ad emblema dello sconfitto e dileggiato per il suo stile considerato incompatibile con le nuove traiettorie della comunicazione politica, sarà utile ricordare come il leader progressista riusci quasi a costringere Berlusconi al pareggio sebbene l’arcoriano potesse disporre a piene mani del proprio arsenale mediatico, mancando molti dei dispositivi di regolamentazione e controllo oggi presenti nonché una matura coscienza democratica a riguardo.