“Milano è una bomba”; pressappoco in questo modo una nota tv commerciale inaugurava ieri sera un servizio sul Coronavirus nel capoluogo lombardo. Un titolo terroristico, ai limiti del reato di procurato allarme, in riferimento all’ipotesi (tutta da dimostrare) di una ripresa massiccia dei contagi nella zona con la Fase 2.
Seguivano un’intervista, dai toni altrettanto allarmistici, ad un anonimo medico di base, e poi un altro servizio ancora, con il conteggio dei morti totali, da marzo.
Sempre di ieri la locandina di una testata toscana, che parlava a caratteri cubitali di “nuova strage” (!) riferendosi a 8 morti, spalmati tuttavia in diversi giorni. Soggetti per di più molto anziani, quindi con una situazione compromessa e delicata già in partenza.
Ora che il virus sembra in ritirata nel nostro Paese, una certa informazione, più attenta al business che agli imperativi deontologici, si trova in difficoltà, vedendo allontanarsi quella che da mesi è una formidabile fonte di guadagno e motivo di attenzione. Ecco allora la ricerca a tutti i costi del “coup de théâtre”, uno spasmodico raschiare il barile ancor più insidioso per il pubblico. Se infatti prima erano sufficienti i dati nudi per calamitare lettori e ascoltatori, adesso si rende necessario ricorrere sempre più alla manomissione del fatto, all’iperbole, agli effetti speciali. Un vero e proprio attentato alla salute mentale di una comunità già duramente provata e destabilizzata.